Islamic Relief lancia un appello ai leader mondiali affinché agiscano per impedire i genocidi contemporanei, nel momento in cui la Bosnia-Erzegovina commemora il trentesimo anniversario del genocidio di Srebrenica, che costò la vita a oltre 8.000 musulmani.

La comunità internazionale continua a non trarre le giuste lezioni dal genocidio di Srebrenica del 1995, la peggior atrocità avvenuta in Europa dopo l’Olocausto, frutto di un tragico fallimento collettivo nel proteggere i civili. Trent’anni fa, le forze serbo-bosniache occuparono la città di Srebrenica, un’area che l’ONU aveva dichiarato “sicura”, e in cui migliaia di bosgnacchi musulmani furono invece massacrati dopo essere stati abbandonati. Durante la guerra in Bosnia, più di 100.000 persone persero la vita, oltre 2 milioni furono costretti a fuggire, e fino a 50.000 donne subirono violenze sessuali nei campi.

Ancora oggi, l’orrore di Srebrenica continua a pesare sui sopravvissuti e sulle nuove generazioni. Islamic Relief – che allora fu una delle principali organizzazioni umanitarie attive sul campo e che ancora oggi assiste le vittime – parteciperà alle commemorazioni nazionali in Bosnia per onorare le vittime e rendere omaggio ai sopravvissuti. In vista dell’anniversario, Islamic Relief ha raccolto e documentato testimonianze scioccanti e traumi ancora vivi di molti superstiti (alcuni dei racconti sono riportati in fondo).

Oggi, in luoghi come Gaza e il Sudan, assistiamo nuovamente all’incapacità del mondo di proteggere i civili da atrocità e crimini di guerra, o di garantire giustizia per chi viola palesemente il diritto internazionale.

Waseem Ahmad, Direttore Generale di Islamic Relief Worldwide, denuncia:

“Il genocidio di Srebrenica è una macchia indelebile sulla coscienza del mondo. A quelle persone era stata promessa protezione, e invece sono state abbandonate alla morte e alla violenza, mentre la comunità internazionale restava a guardare. I governi sapevano cosa stava succedendo e avevano i mezzi per intervenire, ma mancò la volontà politica. Oggi hanno il dovere morale e storico di impedire che una tragedia simile si ripeta.”

“Ma trent’anni dopo, siamo di nuovo di fronte a governi paralizzati dall’inazione. L’anno scorso la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato misure per prevenire un possibile genocidio a Gaza, riconoscendo che esistono motivi plausibili per temerlo. Eppure quella sentenza è rimasta lettera morta. I palestinesi a Gaza vengono uccisi sistematicamente, affamati, deportati con la forza, privati degli aiuti umanitari. Le violazioni del diritto internazionale avvengono ogni giorno, senza alcuna conseguenza.”

“Il lascito di Srebrenica oggi è più attuale che mai. È un monito potente: i governi devono agire subito per difendere la legalità internazionale e prevenire atrocità. La storia non perdona chi resta a guardare.”

Gli Stati devono rispettare i loro obblighi previsti dalla Convenzione sul Genocidio del 1948.

Ogni Stato ha il dovere legale e morale di agire non appena si intravede il rischio di genocidio, e non solo dopo sentenze che spesso arrivano troppo tardi. La Corte Internazionale riconobbe il genocidio di Srebrenica solo nel 2007, dodici anni dopo i fatti. Quel precedente impone che il pronunciamento della Corte su Gaza sia un chiaro richiamo all’azione.

Islamic Relief chiede inoltre ai governi e alle istituzioni di intensificare la lotta contro i discorsi d’odio e la disinformazione che alimentano genocidi e crimini di guerra.

Waseem Ahmad aggiunge:

“La guerra in Bosnia e il genocidio di Srebrenica sono stati alimentati da una retorica violenta, da propaganda disumanizzante e da menzogne che dipingevano le vittime come minacce. Oggi vediamo un linguaggio simile nei conflitti in cui operiamo in tutto il mondo: si toglie umanità a interi popoli per giustificare la loro distruzione. Servono misure più efficaci per contrastare i discorsi d’odio e l’incitamento alla violenza.”

Islamic Relief è presente in Bosnia ed Erzegovina dal 1992. Durante la guerra ha fornito cibo e aiuti di prima necessità. Dopo il conflitto ha aiutato i sopravvissuti a ricostruire le case, elaborare i traumi, far tornare i bambini a scuola e avviare piccole imprese. Oggi continua a sostenere vedove, orfani e sopravvissuti al genocidio.

Testimonianze dei sopravvissuti raccolte da Islamic Relief:

  • Hasan, oggi 65enne, è uno dei pochi sopravvissuti alla “Marcia della morte”, in cui migliaia di uomini e ragazzi tentarono la fuga attraverso i boschi. “L’artiglieria ci colpiva senza sosta, i proiettili dilaniavano i corpi… ancora oggi ne porto i segni. Parlo nel sonno… a volte mi sembra di essere inseguito.”
  • Avdo, 70 anni, uno dei pochi superstiti della sua famiglia, passa spesso davanti al sito dell’ex campo di concentramento di Sušica. “Hanno picchiato mio padre, ed è ciò che mi fa più male. Posso accettare le morti, ma non la tortura, gli abusi… quella crudeltà. Due miei fratelli sono stati uccisi. Anche mio zio. Mia zia. Le loro famiglie… non so nemmeno quanti siano stati uccisi.”
  • Umija, 52 anni, ha ritrovato i resti del padre e dello zio solo più di dieci anni dopo la guerra, dopo che erano stati spostati in più fosse comuni. “Sono stati ritrovati in tre tombe diverse… li hanno spostati più volte per nascondere le prove. Quando ripenso a tutto, mi sento ancora a pezzi. Spero che non succeda più, da nessuna parte.”
  • Tima, 70 anni, fuggì dal suo villaggio dopo che le milizie diedero fuoco alle case. A Srebrenica, dove sperava di essere al sicuro, suo marito fu ucciso. “Sono dovuta scappare con i miei figli sulle spalle, nella neve, per tre mesi. Quando arrivai a Srebrenica, volevo solo sdraiarmi con loro. Ero distrutta fisicamente.”
  • Adelina, 28 anni, nata dopo la guerra, ha vissuto sulla propria pelle le ferite lasciate dal conflitto. “Da bambina venivo discriminata per il mio nome, per la mia religione. Non mi piaceva nemmeno il mio nome. Ma poi ho capito quanto sia bello. Con l’aiuto di Islamic Relief sono riuscita ad avviare un’attività tutta mia. Ma mio padre ha ancora forti traumi.”

Note dagli editori

Sono disponibili interviste complete, foto e video delle testimonianze raccolte.

  • A Gaza, oltre 57.000 palestinesi sono stati uccisi e più di 134.000 feriti. Un terzo delle vittime sono bambini. I civili vengono costretti a spostarsi in “zone sicure” dichiarate da Israele, dove però vengono bombardati e bruciati vivi. Altri vengono uccisi mentre cercano cibo. Il blocco ha portato centinaia di migliaia di persone sull’orlo della fame.
  • In Sudan, intere comunità sono state massacrate e costrette a fuggire. Civili sono stati uccisi e stuprati, il cibo razziato e gli aiuti umanitari bloccati. Oltre 12,5 milioni di persone sono state sfollate, e la guerra ha provocato la più grave crisi alimentare del mondo.
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