Il 10 ottobre è entrata in vigore la prima fase di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Sebbene le organizzazioni umanitarie, tra cui Islamic Relief, abbiano accolto con favore la notizia, permangono molte incertezze e la situazione umanitaria resta catastrofica

Di seguito spieghiamo cosa comporta il cessate il fuoco e quali potrebbero essere le sue implicazioni sulla crisi umanitaria a Gaza

Che cos’è un cessate il fuoco?

Un cessate il fuoco è un accordo per sospendere le azioni violente da parte di forze militari e/o altri gruppi armati in un conflitto. Solitamente prevede una serie di condizioni e dura per un periodo prolungato.

I cessate il fuoco possono rappresentare un primo passo per una de-escalation del conflitto e possono essere utilizzati per scopi umanitari, come facilitare l’ingresso di aiuti in una zona di guerra o permettere ai civili di mettersi in salvo.

Un cessate il fuoco non è la stessa cosa di un armistizio, che è un accordo formale per porre fine in modo permanente alle operazioni militari. Gli armistizi non stabiliscono automaticamente la pace, ma interrompono i combattimenti affinché le parti possano avviare negoziati per risolvere le loro divergenze.

Come si è arrivati al cessate il fuoco?

La prima fase del cessate il fuoco è entrata in vigore il 10 ottobre alle 12:00 ora locale (09:00 GMT), dopo l’accordo di Hamas e l’approvazione del governo israeliano dell’intesa mediata dagli Stati Uniti.

L’annuncio rappresenta un passo significativo, anche se tardivo, dopo che circa 68.000 persone sono state uccise e Gaza è stata ridotta in macerie e afflitta da una carestia artificiale.

Islamic Relief e molte altre organizzazioni hanno più volte sollecitato la comunità internazionale a pretendere un cessate il fuoco. C’è stata una forte e continua pressione pubblica, ma pochi risultati concreti. Tuttavia, nelle ultime settimane, mediatori come Stati Uniti, Qatar e Turchia hanno aumentato la pressione su entrambe le parti.

Quali sono i termini del cessate il fuoco?

Il cessate il fuoco dovrebbe articolarsi in diverse fasi, con negoziati in corso durante la prima fase per affrontare questioni cruciali non ancora risolte, come il disarmo e la futura governance di Gaza dopo la tregua.

La prima fase è attualmente in corso: Hamas ha rilasciato i 20 ostaggi ancora in vita catturati il 7 ottobre, oltre ai corpi di altri ostaggi. Israele ha rilasciato circa 2.000 prigionieri palestinesi e ha iniziato a restituire i corpi di centinaia di palestinesi.

Le forze israeliane si sono parzialmente ritirate da alcune aree di Gaza, ma mantengono il controllo totale su oltre metà dell’enclave. Israele ha inoltre dichiarato che permetterà l’ingresso di 600 camion al giorno carichi di aiuti e beni essenziali, e consentirà il ritorno dei palestinesi sfollati attraverso il valico di Rafah, sotto coordinamento supervisionato dall’Unione Europea ed Egitto.

Gli Stati Uniti hanno inviato 200 soldati in Israele con il compito dichiarato di monitorare l’attuazione del cessate il fuoco. Questi militari non entreranno a Gaza.

Ci sono ostacoli al successo del cessate il fuoco?

Sì. Le relazioni tra le due parti sono estremamente tese e qualsiasi violazione da una delle due potrebbe far fallire completamente i negoziati.

Il blocco israeliano resta in vigore, il che significa che Israele mantiene il controllo totale su ciò che entra e esce da Gaza. Il 14 ottobre Israele ha annunciato un taglio al numero di camion di aiuti a soli 300 al giorno e la chiusura del valico di Rafah, decisione poi apparentemente revocata il giorno successivo. Questo dimostra quanto l’accordo sia fragile e quanto Israele mantenga il controllo sull’accesso umanitario.

La crisi umanitaria a Gaza è catastrofica, e la consegna degli aiuti a una popolazione affamata non può diventare merce di scambio nei negoziati, soggetta a interruzioni improvvise.

Nelle ultime 24 ore sono stati inoltre segnalati diversi palestinesi uccisi dalle forze israeliane. Molti altri punti critici devono ancora essere risolti affinché le fasi successive del cessate il fuoco possano essere attuate con successo. Ad esempio, non è ancora chiaro se Hamas accetterà il disarmo né chi governerà Gaza dopo la tregua.

L’accordo di cessate il fuoco non si applica alla Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, dove negli ultimi due anni si è registrato un aumento degli attacchi israeliani e delle violazioni dei diritti umani. Un’ulteriore escalation in quella zona potrebbe mettere a rischio l’intero accordo.

Nonostante le difficoltà, entrambe le parti hanno già fatto delle concessioni per arrivare all’attuale cessate il fuoco, e la pressione internazionale per porre fine al conflitto probabilmente rimarrà alta durante questa prima fase.

Cosa è successo all’ultimo cessate il fuoco all’inizio del 2025?

Il precedente accordo di cessate il fuoco, annunciato a gennaio 2025, aveva inizialmente portato un po’ di sollievo e permesso alle agenzie umanitarie, compresa Islamic Relief, di intensificare il proprio lavoro. Tuttavia, è crollato rapidamente: nel giro di poche settimane Israele ha ripreso e intensificato i bombardamenti, imponendo un assedio totale a Gaza e bloccando completamente aiuti e forniture commerciali.

Durante quel periodo di tregua, Israele ha anche intensificato gli attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est. Questo non deve ripetersi.

Cosa sta succedendo a Gaza in questo momento?

Dalla dichiarazione del cessate il fuoco, si stima che oltre 332.000 persone si siano spostate verso altre zone della Striscia di Gaza. Molti sono tornati per trovare le proprie case ridotte in macerie. Alcuni stanno recuperando gli oggetti rimasti e tornando nei rifugi; altri hanno montato tende sulle rovine delle loro abitazioni. Alcune famiglie si sono finalmente potute riunire dopo mesi trascorsi in luoghi separati.

Stanno entrando più aiuti umanitari a Gaza?

Il cessate il fuoco prevede l’ingresso di 600 camion al giorno. Questo è simile al livello degli aiuti che arrivavano a Gaza prima della crisi attuale. Tuttavia, negli ultimi mesi, gli aiuti erano quasi del tutto assenti, quindi 600 camion al giorno sono comunque una goccia nel mare rispetto al reale fabbisogno.

Attualmente si registra un piccolo ma significativo aumento degli aiuti in ingresso, ma si tratta ancora di una frazione rispetto a quanto concordato.

Permangono restrizioni sui tipi di beni che possono entrare, ostacolando la consegna di molti materiali fondamentali. Gaza è sotto blocco israeliano dal 2007, che limita i movimenti di beni e persone da e verso la Striscia.

Questo ha enormi implicazioni per gli interventi umanitari. Migliaia di articoli essenziali sono bloccati perché Israele li classifica come beni a “doppio uso” (civile e militare). Articoli come carburante, filtri per l’acqua, pompe solari e forbici chirurgiche sono stati rifiutati per questi motivi.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite si è impegnato a intensificare l’assistenza umanitaria a Gaza, chiedendo l’ingresso senza ostacoli di aiuti e materiali essenziali.

Islamic Relief fornirà più aiuti a Gaza?

Islamic Relief è pronta a intensificare in modo massiccio i suoi attuali aiuti salvavita e a contribuire agli sforzi di ricostruzione non appena saranno revocate le restrizioni all’accesso umanitario.
Speriamo che l’accordo di cessate il fuoco consenta a noi e ad altre organizzazioni umanitarie di portare aiuti alle famiglie palestinesi in grave difficoltà.

Tuttavia, segnaliamo che le precedenti promesse di permettere l’ingresso di maggiori aiuti a Gaza sono state subito disattese, e chiediamo con forza che tutte le restrizioni agli aiuti umanitari vengano rimosse.
La comunità internazionale deve chiamare Israele a rispondere se continuerà a bloccare l’accesso agli aiuti.

A ottobre 2025, tutti i progetti di Islamic Relief a Gaza erano costituiti da interventi di emergenza.

Nel corso della crisi, abbiamo sostenuto la popolazione palestinese a Gaza distribuendo pasti caldi, pacchi alimentari, acqua e kit igienici, ampliando il nostro Programma di Adozione degli Orfani, e intervenendo, laddove possibile, per rispondere ai bisogni di salute mentale e fisica.

Questo lavoro verrà intensificato nei prossimi giorni e settimane.

Com’era la situazione prima del cessate il fuoco?

Prima del cessate il fuoco, le famiglie palestinesi intrappolate a Gaza hanno subito oltre due anni di bombardamenti incessanti, mentre gli appelli per una tregua venivano ampiamente ignorati.

La Striscia di Gaza è stata ridotta in macerie, con circa 68.000 persone uccise, tra cui circa 20.000 bambini, e moltissime altre rimaste con ferite e traumi permanenti.

Le bombe israeliane hanno distrutto ospedali, scuole e rifugi, e le famiglie sono state costrette a fuggire dalle loro case più volte.

A Gaza City è stata dichiarata la carestia, e la fame e la malnutrizione sono diffuse in tutta la Striscia.

In mezzo a questa immensa sofferenza, l’ingresso di aiuti e beni essenziali è stato gravemente limitato, ostacolando ogni sforzo per salvare vite umane.

Il cessate il fuoco non rappresenta una soluzione immediata alla crisi umanitaria a Gaza, ma è il primo passo per permettere ai palestinesi di iniziare un percorso di ripresa e, un giorno, di ricostruzione.

Cos’altro serve per aiutare le persone vulnerabili a Gaza?

È fondamentale che questo accordo di cessate il fuoco venga attuato pienamente e immediatamente.

Deve portare a una pace duratura, fondata sulla giustizia e sulla responsabilità per gli orrori subiti dai civili.
Tutte le persone devono poter vivere in sicurezza e con dignità, con il pieno riconoscimento dei loro diritti umani fondamentali.

Islamic Relief ritiene che questo non sarà possibile finché non verranno affrontate le cause profonde della crisi, e non finirà l’occupazione illegale della Palestina da parte di Israele.

Aiutaci a continuare a sostenere le persone vulnerabili a Gaza. Dona ora alla nostra Campagna di Emergenza per la Palestina.

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